
Il volume affronta il tema della ‘fair value accounting’ per la rappresentazione delle poste di bilancio.
La formula compensatio lucri cum damno indica un criterio non espressamente codificato, frutto dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, che impone di tener conto, nella stima del danno contrattuale o aquiliano, degli eventuali vantaggi derivati dall’illecito mediante una riduzione proporzionale del risarcimento. Questo, infatti, deve ristorare integralmente il danno subito: nulla di meno, nulla di più, perché ha una funzione riequilibratrice e non è preordinato a un arricchimento del danneggiato. Ma quali siano i vantaggi di cui tener conto, quali i criteri per individuarli, è storicamente oggetto di contrasti e resta tuttora un enigma. Con la diffusione dello Stato sociale e delle assicurazioni private, il problema ha acquistato dimensioni e ricadute sconosciute in passato, e l’incertezza è oggi tale che su di esso sono stati contemporaneamente chiamati a pronunciarsi la Corte Suprema di Cassazione a Sezioni unite e il Consiglio di Stato in Adunanza plenaria. La questione giuridica che si pone si incentra principalmente sulla “zona grigia” della determinazione del danno, ma lascia emergere, più a monte, l’esigenza di un miglior coordinamento e una più efficace interazione tra sistemi di sicurezza sociale e di responsabilità civile. In questa prospettiva, attraverso una ricostruzione critica della dottrina della compensatio lucri cum damno e delle sue applicazioni, l’indagine intende offrire un contributo all’individuazione dei principi e delle regole per stabilire una linea di confine fra ciò che costituisce danno risarcibile e ciò che, invece, non può essere risarcito.
