
Tra l’entrata in vigore della L. 108/96, che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il reato di usura bancaria, e l’entrata in vigore della L. 2/2009, che ha per la prima volta disciplinato la commissione di massimo scoperto, si sono consolidate prassi illegittime attraverso le quali il sistema bancario italiano, in modo vasto e generalizzato, ha usurato la propria clientela.
L’usura si è realizzata per un verso generalizzando il ricorso alla commissione di massimo scoperto, ben oltre i limiti entro i quali la sua applicazione potesse ritenersi legittima e rispondente ad una causa lecita, e innalzandone ingiustificatamente il tasso, per altro verso scorporando la stessa commissione di massimo scoperto dal calcolo del TEG ai fini della verifica del superamento della soglia usura.
La tesi non è frutto di una suggestione, ma della rigorosa analisi dei principi enunciati della sezione II penale della Suprema Corte di Cassazione con le sentenze n. 12028/2010 e n. 46669/2011.
Nel presente studio l’autore sottopone a severa critica il revirement della Suprema Corte di Cassazione che, con la recentissima sentenza n. 12965 del 22 giugno 2016 della sezione prima, sembra aver smentito in modo categorico i principi sopra enunciati.
